Napoleone Bonaparte è al centro di una aneddotica quasi infinita. Di certo tra le sue più grandi imprese ci fu quella di trasformare l'Armée d'Italie, che nel 1796 era sostanzialmente un'accozzaglia male armata e mal vestita (di addestramento non ha nemmeno senso parlare), in una temibile macchina militare che penetrò nella penisola con spietata efficienza.
Il quadro più celebre al mondo è senz'altro la Gioconda. In Italia, però, il capolavoro leonardiano è inteso sottratto alla penisola e portato fraudolentemente in Francia. Sovente il nome indicato per la spoliazione è Napoleone. In verità, fu lo stesso Leonardo a donare a re Francesco I la Gioconda, che in Italia giunse solo nel 1911, trafugata da un ladro che appunto la riteneva di proprietà nostrana.
Lo storico Giorgio E. Cavallo ha scritto un bel libretto, tanto agile quanto documentato, per ricordare quel che in verità, in Italia, tutti sappiamo da sempre. E cioè che la vicina Francia, nel periodo torbido che fece seguito alla rivoluzione francese (1789), prelevò un’indefinita ma cospicua quantità di oggetti artistici dalla nostra patria.
Se è vero che la storia non è mai un hortus conclusus non lo è neppure quella dell'Opera dei Congressi la cui fondazione, sebbene ancorata a un preciso riferimento cronologico (1874), affonda le proprie radici nel terreno dell'Italia preunitaria allorquando i cattolici italiani, inizialmente in forma sparuta e con approcci differenti, cominciano a porsi seriamente il problema della loro presenza in politica e si organizzano allo scopo di avversare il processo risorgimentale a quel tempo in divenire.
Il collaborazionismo con il Terzo Reich è stato un fenomeno presente in tutta Europa. A partire dai francesi di Vichy, l'appoggio di parte delle popolazioni sottoposte al giogo nazista si è diffuso sull'intero continente...
Questo prezioso libretto è opera di un sacerdote dell'ordine religioso domenicano, che tra il 1950 e il 1958 ebbe la fortuna di vivere negli Stati Uniti. Egli considerò quegli anni vissuti sul Nuovo Continente una fortuna perché ebbe modo di conoscere una società del tutto diversa da quella narrata da gran parte degli europei...
Collocare un’opera d’arte fuori dal suo contesto geografi co, culturale e religioso è in termini realistici un ladrocinio, una profanazione, un’infamia. Tutto ciò è accaduto in Occidente in maniera violenta e massiccia, con furia barbarica, fra il Settecento e l’Ottocento
Filosofo, detto il «filosofo contadino», scrittore, Gustave Thibon (1903-2001) vanta fra l'altro il merito di aver reso celebre Simone Weil, da lui ospitata nella propria fattoria durante il secondo conflitto mondiale. Vissuto a lungo in Francia, stende molti aforismi, all'insegna di un solido cattolicesimo praticato dopo anni di agnosticismo. La casa editrice D'Ettoris ne sta riproponendo riflessioni e pensieri, stesi in assoluta libertà.
L'abitudine attribuisce allo Stato del terzo millennio una natura in fondo immutata da tempi immemorabili. Tuttavia da qualche anno la riflessione si appunta sull'attributo da assegnargli, come «Stato moderno», con precipuo riferimento all'Occidente e in particolare all'Europa, distinguendolo così già dal Medioevo. Francesco Pappalardo, responsabile della biblioteca del Senato e convinto cattolico, ne traccia il divenire attraverso i secoli che vanno dal Basso Medioevo all'età successiva a Napoleone, considerando essenziale la Rivoluzione francese per strutturare società e Stato in maniera opposti ai precedenti.